Quarta puntata
Marilyn Monroe in Someone like it hot, 1959
Il motivo principale per cui alla fine Marilyn aveva accettato di recitare in A qualcuno piace caldo (1959) era che aveva saputo di essere nuovamente incinta, il che l’aveva riempita di gioia e di nuovo entusiasmo. Tuttavia, l’amarezza e lo sfinimento che si erano accumulati durante le riprese del film per il pessimo rapporto instauratosi con il regista e l’intera troupe sarebbero stati pagati a caro prezzo. La sera della prima nazionale di A qualcuno piace caldo, il 17 dicembre 1958, Marilyn abortì di nuovo: di qui iniziò un periodo di lutto e profonda depressione. A poco servivano le sedute di psicanalisi con la dr. Kris, mentre l’uso smodato di sedativi e barbiturici riprese il sopravvento. In gennaio 1959 fu nuovamente ricoverata per un’overdose. Marilyn incolpò il marito per la perdita del bambino, dal momento che aveva insistito perché partecipasse alle riprese di A qualcuno piace caldo. In quei primi mesi del ’59 Miller lavorava alla sceneggiatura de Gli spostati, che sarebbe stato prodotto dalla Marilyn Monroe Productions e per il quale erano già stati contattati John Huston come regista e Clark Gable come co-protagonista. Tuttavia, il contratto con la Fox imponeva all’attrice di recitare in un altro film prodotto dallo Studio prima che ne Gli spostati. La produzione suggerì il copione di un musical, Facciamo l’amore (1960), che non piaceva a Marilyn né a Miller, il quale accettò (a malincuore) di lavorare alla sceneggiatura per migliorarla. La regia sarebbe stata affidata a George Cukor e come co-protagonista la scelta cadde su un attore francese, Yves Montand, recentemente giunto a New York con la moglie Simone Signoret per una tournee teatrale. Miller cercava in qualche modo di recuperare il rapporto con la moglie, ma il matrimonio era ormai agli sgoccioli.
Negli ultimi mesi del ’59 Marilyn riprese a frequentare John Kennedy, con cui nel tempo aveva maturato un rapporto particolarissimo. In realtà, contrariamente a quanti sostennero che per la bulimia sessuale di Kennedy Marilyn costituiva soltanto una delle tante prede, nessuno dei rapporti che egli ebbe con le numerosissime amanti durò tanto a lungo (ben oltre 10 anni) come quello con lei. In quel periodo Marilyn cominciò a fantasticare sul fatto che lui avrebbe potuto divorziare da Jacquelin per sposare lei e la disillusione che dovette presto maturare (a dicembre era chiaro che si sarebbe candidato per la presidenza e un divorzio era fuori discussione) contribuì a rafforzare la depressione. A Natale, mentre si trovava a Los Angeles per la pre-produzione di Facciamo l’amore, ebbe un collasso nervoso e fu visitata per la prima volta dal dr. Ralph Greenson, psicanalista già in contatto professionale con la Kris di New York, che avrebbe avuto un ruolo determinante durante gli ultimi anni di vita (e nelle vicende della morte) di Marilyn. Greenson, analista freudiano-marxista appartenente alla lista segreta degli psicoterapeuti approvati dal partito comunista (e per molti agente segreto del Comintern), era molto conosciuto e stimato a Hollywood perché aveva curato personalità famose di quel mondo, come Peter Lorre, Frank Sinatra e Vincente Minnelli. Egli venne presto a conoscenza della relazione segreta tra Marilyn e il futuro presidente degli Stati Uniti. Giudicò che il livello di assuefazione di Marilyn ai barbiturici fosse a dir poco allarmante e si prodigò, inizialmente, per imporgliene una drastica riduzione. Marilyn rimase impressionata dalla competenza e disponibilità di Greenson; iniziò così un rapporto medico-paziente molto particolare, che sarebbe terminato due anni e mezzo dopo con la morte della Monroe.
Yves Montand e Marilyn Monroe sul set di Facciamo l’amore. 1960, 20th Century Fox.
Marilyn e Miller si stabilirono a Beverly Hills per le riprese di Facciamo l’amore, accanto al bungalow che la Fox aveva predisposto per Yves Montand e Simone Signoret. Per Marilyn il matrimonio era ormai finito e, dal momento che era come sempre alla ricerca di un uomo su cui fare affidamento, finì per rimanere incantata dalla allegria e dal calore dell’attore francese. Montand alle prime non si rese conto che Marilyn si stava attaccando a lui, ma presto si fece coinvolgere. La relazione cominciò ad essere chiacchierata a Hollywood e sulla stampa, finendo perfino per avere maggior risalto del Golden Globe che fu conferito alla Monroe come migliore attrice per A qualcuno piace caldo. Le riprese di Facciamo l’amore terminarono alla fine di giugno del 1960 e Montand, a cui non era passata neppure per l’anticamera del cervello l’idea di lasciare la moglie, fece ritorno in Francia. Marilyn, benché ancora formalmente sposata, era sola un’altra volta. Nelle settimane precedenti l’inizio delle riprese de Gli spostati, nel luglio del 1961, Marilyn era stata vista più volte a Los Angeles in compagnia di John Kennedy durante la Convenzione Democratica per la candidatura alle presidenziali. Mattatore hollywoodiano e sostenitore della Convention era Frank Sinatra, amico dei Kennedy, che li ospitò e organizzò banchetti e feste sfarzose in onore di John.
Screenshot dal Trailer de Gli spostati, 1961.
Più defilato, ma altrettanto determinante nel suo sostegno al futuro presidente fu Sam Giancana, il famoso padrino della mafia americana, sodale di Sinatra, che con le sue laute elargizioni alla causa contava di acquistare sostanziosi dividendi dal clan dei Kennedy. Marilyn giunse sul set, a Reno nel Nevada, piena di belle speranze per l’ambiente favorevole che si aspettava di trovare: John Huston era uno dei suoi registi prediletti e con lei avrebbe recitato Clark Gable, da sempre il suo idolo; Monty Clift e Eli Wallach erano amici dell’Actor’s Studio, il truccatore, il fisioterapista, le segretarie, i parrucchieri e l’autista erano quelli fidati. Eppure tutto andò storto. Il caldo del deserto di Reno era soffocante. Marilyn era esausta (le riprese del film precedente erano terminate solo tre settimane prima) e sofferente psichicamente per le delusioni ricevute dagli ultimi uomini della sua vita. La presenza di Miller sul set la infastidiva e soprattutto le pesava il personaggio di Roslyn, creato per lei da un marito che non amava più e che riteneva non rispecchiasse per nulla il suo modo di essere, le sue profondità interiori come donna e come attrice.
John Huston non vedeva Marilyn da anni e si rese conto subito che qualcosa in lei era cambiato. Clark Gable la trattò sempre affettuosamente, nonostante il nervosismo e i ritardi sul set; era malato di cuore, ma soprattutto era schiavo di un’abitudine etilica ormai inveterata che lo stava distruggendo. L’alcool era solo uno dei problemi di Monty Clift, che se ne stava sempre isolato sul set, con la bottiglia in mano e lo sguardo vacuo. Huston, da quel cinico calcolatore che era, capì presto che non avrebbe potuto cavare nulla da quella congrega di fantasmi e perse presto interesse per l’esito del film, preferendo frequentare i casinò vicini fino al mattino, giocando, bevendo e perdendo sonno. Nel mese di agosto, mentre le riprese si trascinavano stancamente, Frank Sinatra diede una festa al Cal-Neva Lodge, vicino al luogo delle riprese, a cui fu invitata tutta la troupe del film. Non casualmente, in quell’hotel era presente anche il clan dei Kennedy (oltre a Sam Giancana), per discutere della prossima campagna presidenziale, dato che John aveva vinto la Convention Democratica. Evidentemente qualcosa successe tra John e Marilyn, con effetti devastanti sull’attrice, perché dopo la festa lei finì per impasticcarsi sempre di più, fino ad andare incontro all’ennesima overdose, Dopo la lavanda gastrica fu necessario un ricovero ospedaliero di due settimane. Si era giunti ormai a settembre inoltrato quando Marilyn tornò sul set per finire il film. Le riprese terminarono i primi di ottobre e dopo pochi giorni morì Clark Gable, il che precipitò Marilyn nella disperazione più cupa. I primi di novembre i Miller divorziarono.
John Kennedy fu proclamato presidente il 10 novembre 1960 e uno dei suoi primi atti fu quello di confermare J. Edgar Hoover a capo dell’FBI. In tanti si stupirono, dato che era nota l’ostilità del clan Kennedy per il Direttore del Bureau. Ma ormai il dossier che Hoover possedeva su Kennedy era ricchissimo (ricordate? Marilyn era sotto sorveglianza FBI almeno dalla metà del decennio precedente), così si decise di non correre rischi. Allo scopo di controllare Hoover, Bob Kennedy fu nominato ministro della Giustizia, nonostante fosse a digiuno di giurisprudenza. Le illusioni di Marilyn sul suo futuro con John Kennedy continuavano, anche perché durante i primi mesi della presidenza i suoi incontri con il “prez” divennero ancora più frequenti. Bob Kennedy, spalleggiato da Sinatra, la convinse ad assumere come segretaria una loro sodale, Pat Newcomb, allo scopo di controllarla, visto che la decennale frequentazione con l’imprudente fratello l’aveva ormai messa al corrente di numerose notizie riservate. Il Natale del 1960 fu per Marilyn uno dei più cupi e disperati della sua vita. La sensazione di abbandono da parte di tutti si era impadronita di lei e fu solo lievemente mitigata dalla fugace ricomparsa di Joe DiMaggio, che trascorse con lei qualche giorno a New York. Ormai non frequentava neanche più l’Actor’s Studio e gli Strasberg e gli unici contatti continui che aveva erano con i suoi psichiatri. Partecipò a fine gennaio ‘61, accompagnata da Montgomery Clift, alla prima newyorkese de Gli Spostati: nonostante le discrete critiche ricevute Marilyn odiò quel film, il personaggio di Roslyn e la sua interpretazione, perché erano l’emblema del suo fallimento come moglie e come madre e acuivano la disperazione della solitudine. Imbottita di sedativi, cominciò a manifestare idee suicidarie, per cui fu ricoverata in un ospedale psichiatrico di New York e le fu messa la camicia di forza. Gli incubi su una fine simile a quella di sua madre erano incessanti e quasi quotidiane le crisi di agitazione durante le quali urlava disperatamente di lasciarla uscire. Riuscì in qualche modo a comunicare con l’unico vero amico che le rimaneva, Joe DiMaggio, il quale accorse a New York e fece fuoco e fiamme per ottenerne la dimissione. Una volta fuori, Marilyn si scagliò come una furia contro la dr. Kris, che incolpò del trattamento che aveva subito. I contatti telefonici con il dr. Greenson di Los Angeles erano sempre più frequenti e nel mese di aprile Marilyn abbandonò New York e si ritrasferì sulla costa occidentale. L’attaccamento allo psichiatra divenne quasi morboso e non ci sono dubbi sul fatto che, durante le quasi quotidiane e prolungate sedute, Marilyn lo mettesse a parte dei “segreti di letto” che condivideva con John Kennedy e che era solita appuntare su un diario a cui il professionista aveva accesso.
Tornata a Hollywood, Marilyn durante l’estate del ’61 infittì la sua frequentazione con Frank Sinatra e il clan dei Kennedy. Con Sinatra aveva una relazione intermittente ormai da molto tempo e presto ne iniziò una anche con Bob Kennedy. Il dr. Greenson disapprovava, perché considerava questi rapporti altrettanto distruttivi quanto l’abuso di alcool e farmaci. Riuscì a convincerla ad assumere come segretaria tuttofare Eunice Murray, una sua amica infermiera psichiatrica che si trasferì da lei. Marilyn ormai era circondata: da una parte l’ambiente “distruttivo” del clan Kennedy/Sinatra (con tutto il corollario degli amici mafiosi di quest’ultimo); dall’altra Greenson e la Murray che la blandivano e la controllavano. Ancora una volta era piombata tra persone per le quali l’affetto e l’amore disinteressato che andava cercando da tutta la vita si dimostrarono concetti estranei.
Marilyn Monroe al Madison Square Garden, New York, 19 maggio 1962.
Nel dicembre del ’61 Marilyn accettò, controvoglia e solo per motivi contrattuali con la Fox, di interpretare Something’s got to give, un film dalla trama sciatta e datata, che sarebbe stato diretto da George Cukor, con Dean Martin e Cyd Charisse come co-protagonisti. In realtà fu spinta a farlo da Greenson, che sosteneva che il film sarebbe stato importante per il suo equilibrio psichico. Lo psichiatra ormai controllava in tutto e per tutto la vita di Marilyn: riuscì a farsi nominare addirittura produttore esecutivo del film e la convinse a comprare una casa in Fifth Helena Drive (che si trovava a poca distanza da casa sua, dove Marilyn effettuava le sedute di psicoterapia), quella in cui Marilyn sarebbe morta. Le riprese del film, che avrebbero dovuto iniziare nell’aprile del ’62, furono rimandate a maggio per una grave sinusite che impedì a Marilyn di lavorare. Il 19 maggio ci fu il famoso ricevimento al Madison Square Garden di New York per il compleanno di JFK dove Marilyn, fasciata in un incredibile abito di organza di seta tempestato di cristalli di rocca, cantò Happy birthday, mr. President, Quella fu l’ultima volta in cui vide John Kennedy. Hoover l’aveva posto di fronte a un aut-aut: continuare a vedere Marilyn avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale e pregiudicato la prosecuzione dell’incarico presidenziale. Così fu deciso che il rapporto avrebbe dovuto esser troncato. Marilyn, che aveva già girato le scene di nudo in piscina che sarebbero diventate famose, cadde in preda ad uno shock nervoso senza precedenti e si rivelò incapace di portare a termine il film.